L’assicurazione sanitaria proposta dalle casse malati ai pendolari stranieri può costare anche la metà di quella pagata dai residenti elvetici, ma in realtà la maggioranza dei frontalieri rinuncia a farsi curare in Svizzera. Questo contenuto è stato pubblicato il 11 settembre 2021 – 11:0011 settembre 2021 – 11:00Leonardo Spagnoli
Mentre gli svizzeri sono costretti a pagare esosi premi assicurativi – che aumentano di anno in anno – per usufruire delle cure prestate del servizio sanitario, i frontalieri possono avere le medesime prestazioni a costi decisamente inferiori. Ma questa oggettiva constatazione, che potrebbe prestarsi facilmente a speculazioni politiche – e in parte è già avvenuto -, in realtà cela uno scenario molto più variegato e complesso che non è del tutto riassumibile correttamente in questo modo.
In effetti a prima vista, sfogliando le tabelle pubblicate dall’Ufficio federale di sanità pubblica, i premi assicurativi pagati dai frontalieri in Svizzera possono suscitare una certa invidia ai residenti che vedono nell’incessante incremento dei costi sanitari uno dei loro principali crucci.
Tariffe assicurative assai differenti
Un pendolare italiano residente oltre confine, ad esempio, – ma il discorso vale anche per residenti elvetici in quello stesso Paese, come i pensionati – può stipulare un contratto assicurativo che gli costa 279 franchi al mese (pari a circa 257 euro), per adulti con franchigia di 300 franchi e senza infortunio. Naturalmente altre casse malati prevedono premi più elevati: sempre in base alle cifre indicate da Berna per il 2021, il costo mensile in Ticino per questa categoria può arrivare ai 455 franchi (419 euro) proposti dalla cassa malati Intras o ai 464 (427) di Visana.
Ma per un residente a Lugano, dove ipoteticamente condivide le stesse prestazioni sanitarie di base di un frontaliere italiano, il premio minimo – quello di Aquilana, tra le casse malati prese in considerazione nella statistica federale – parte da 471 franchi (433 euro).
Il divario si accentua ulteriormente nella Svizzera francese: il lavoratore francese può pagare anche solo 179 franchi (164 euro) con l’assicuratore Progrès, a fronte dei 503 franchi (463 euro) che un ginevrino deve corrispondere mensilmente con la cassa malati meno cara nel cantone, con quegli stessi parametri (Assura).
Costi riferiti al Paese di provenienza
Come spiegare queste differenze? “I premi devono coprire i costi del gruppo di assicurati di un determinato assicuratore in ogni Paese e, come per i premi per i residenti nella Confederazione, questi sono controllati e convalidati dall’Ufficio federale della sanità pubblica”, osserva Ivo Giudicetti, portavoce di Santésuisse. Tuttavia, aggiunge il rappresentante delle casse malati, “la legislazione prevede che il meccanismo di compensazione del rischioLink esterno non si applichi al di fuori della Svizzera” e questo spiegherebbe il divario dei premi tra casse malati riferiti a uno stesso Paese e tra frontalieri e residenti.
I premi, continua Ivo Giudicetti, si basano sulla previsione dei costi e tutto dipende quindi dalla tipologia e dal numero di assicurati domiciliati in un determinato Stato. A titolo d’esempio, se una cassa malati avrà solo 5 assicurati, di cui 3 si ammalano gravemente nel corso dell’anno, i costi medi saranno ben superiori a quelli di un’altra compagnia assicurativa che in quello stesso Paese ha centinaia di assicurati in buona salute.
Inoltre, precisa in merito Bruno Cereghetti, ex responsabile dell’Ufficio cantonale assicurazione malattia a Bellinzona, i premi sono stabiliti in funzione dei costi che generano nel luogo di domicilio: “Le persone che risiedono in un paese UE (più Norvegia e Islanda) accedono a sistemi sanitari locali che variano molto tra di loro” e, pur essendo assicurati in Svizzera, usufruiscono di prestazioni in loco che hanno tariffe assai differenti. Il frontaliere italiano e la sua famiglia infatti, “solo eccezionalmente vengono a farsi curare nella Confederazione” e questo indubbiamente ha una diretta influenza sui costi generali. Pur potendo infatti, dall’aprile 2012, venire a farsi curare in Svizzera, coloro che “sono assicurati in Svizzera continuano a consumare il grosso delle prestazioni sanitarie nel Paese di domicilio”.
Per il resto, analogamente a quanto affermato anche dal portavoce di Santésuisse, anche per Bruno Cereghetti rileva “il portafoglio” dato dagli assicurati in un determinato paese UE e, all’interno di esso, l’età degli stessi. Studi recenti, sostiene l’esperto, hanno dimostrato che in Ticino il costo oggettivo dei premi è determinato soprattutto dall’età relativamente elevata della popolazione. E questo contribuirebbe a spiegare i notevoli scarti di premio praticati da una stessa cassa malati, come ad esempio CSS che in Francia fa pagare 1320 franchi al mese e nel Regno Unito solo 381 franchi.
Diritto di scelta e regola europea
Per completare il discorso va anche sottolineato che per i Paesi limitrofi vige il diritto d’opzione, nel senso che è possibile derogare alla regola europea, accettata da Berna con la firma degli Accordi bilaterali con l’UE, secondo cui un soggetto (e la sua famiglia) deve assicurarsi nella nazione in cui svolge la sua attività lavorativa. A determinate condizioni tassative ed entro un certo termine l’assicurato può però scegliere in modo irrevocabile di restare assicurato (con i familiari), nel Paese di provenienza e non in quello di domicilio. Ma “le categorie che possono esercitare il diritto di opzione non sono identiche in tutti i Paesi”, rileva Bruno Cereghetti, “e non vige il criterio di reciprocità” come fa Berna con i suoi cittadini all’estero.
Vi è poi un secondo aspetto che porta a relativizzare questi presunti privilegi in favore della manodopera transfrontaliera. In concreto infatti è una quota ristretta, almeno nella Svizzera italiana, quella dei pendolari stranieri che, proprio in virtù del diritto d’opzione, stipulano un contratto assicurativo con casse malati elvetiche: dei 329’000 frontalieri censiti alla fine del 2019 solo lo 0,8% degli italiani (600 su 77’000), il 30,5% dei francesi (55’000 su 180’000) e il 75,5% dei tedeschi (46’000 su 61’000) erano assicurati nella Confederazione. Detto altrimenti, la stragrande maggioranza (68,5%) di questi salariati non sono a carico del sistema sanitario elvetico.
Obbligare i frontalieri ad assicurarsi in Svizzera?
In ogni caso balza all’occhio il fatto che la quasi totalità di transfrontalieri italiani, esercitando il diritto loro riconosciuto dagli accordi bilaterali con l’UE, optano per il loro sistema sanitario che viene finanziato con la fiscalità generale. In caso contrario, infatti, se volessero essere a carico della LAMal svizzera (la Legge federale sulle assicurazione malattie), dovrebbero pagare mensilmente premi assicurativi per loro e tutti i familiari inattivi (naturalmente in caso d’urgenza, sempre in virtù dei Bilaterali, possono sempre fare capo a medici e strutture sanitarie elvetiche).
E proprio questo aspetto è all’origine, come anticipato precedentemente, di polemiche di tipo politico, soprattutto in quelle realtà caratterizzate da alte concentrazioni di lavoratori pendolari residenti oltre confine. Proprio nel giugno dell’anno scorso il consigliere nazionale UDC Piero Marchesi ha sottoposto al Governo un’interrogazioneLink esterno nella quale l’esponente della destra chiedeva in sostanza di rendere obbligatoria l’assicurazione malattia svizzera per i lavoratori frontalieri, eliminando il diritto di opzione.