La maggior integrazione transfrontaliera fra imprese e istituti bancari e parabancari significa gettare le basi per un distretto economico-finanziario che si estende da Lugano a Milano.
Dopo la fine del segreto bancario la piazza finanziaria ticinese deve reagire. Da un ‘monoservizio’, ovvero il private banking, il settore potrebbe cercare una maggior integrazione transfrontaliera fra imprese italiane e istituti bancari e parabancari ticinesi. Questo significa gettare le basi per un distretto economico-finanziario che si estende da Lugano a Milano e rinnovare l’attrattività della piazza ticinese.
Cosa fare per rilanciare la piazza finanziaria ticinese dopo la fine del segreto bancario? Lo sviluppo futuro della piazza ticinese – scrive René Chopard, già direttore del Centro studi bancari di Vezia, nel suo saggio “Il sistema finanziario ticinese: dalla crescita al suo sviluppo” pubblicato grazie al finanziamento del programma Interreg 2014-2020, nel volume “La piazza finanziaria ticinese e l’economia del Nord Italia. Per uno sviluppo integrato”Collegamento esterno – è strettamente legato alla sua capacità di collaborazione interna in uno spazio economico-finanziariotransfrontaliero.
Approfondimento
Negli anni ’80 del secolo scorso la piazza finanziaria ticinese ha conosciuto una crescita imponente grazie ai soldi che arrivavano soprattutto dall’Italia. Questo importante flusso di denaro ha plasmato la piazza ticinese specializzandola nel private banking. Un ‘monoservizio’ che ha retto le sorti delle banche fino alla fine del segreto bancario nel 2017.
Nel 2020 in Ticino vi erano 39 istituti bancari, che impiegavano complessivamente 5’443 persone. Appena dieci anni prima ve ne erano 72, con quasi 7’046 persone alle loro dipendenze. Quasi un dimezzamento. Inoltre, la parte relativa delle banche in mano straniera è diminuita dal 57% al 44%, a significare una riduzione di attrattività della piazza per gli operatori internazionali. Come si è arrivati a questa situazione?
Ticino come l’Eldorado
La crescita per certi eccezionale della piazza finanziaria ticinese a partire dagli anni ’80 del secolo scorso è iscrivibile all’espansione della finanza offshorecaratterizzata dalla possibilità di amministrare capitali sfuggiti all’erario del Paese d’origine, principalmente l’Italia. La piazza finanziaria, ancora poco preparata, subì questa ‘invasione’ di capitali che provocò una crescita incontrollata del settore bancario ticinese. Con anche le conseguenze del caso, truffe, malversazioni, fallimenti, processi.
A un certo momento non si contavano più i soldi, si pesavano. Il Ticino era un vero Eldorado che raccoglieva i tanti soldi che gli italiani trasportavano in Svizzera con grandi borsoni”
Nei racconti di allora non era inusuale sentire parlare di italiani che si presentavano agli sportelli delle banche ticinesi con sacchi pieni di soldi. “A un certo momento non si contavano più i soldi, si pesavano. Il Ticino era un vero Eldorado che raccoglieva i tanti soldi che gli italiani trasportavano in Svizzera con grandi borsoni”. Così scrive il giornalista Francesco Lepori nel suo libro “Il Ticino dei colletti sporchi, i processi bancari dagli anni settanta a oggiCollegamento esterno”. Da un lato un Paese – l’Italia – che diventa sempre più ricco ma politicamente instabile, dall’altro le banche ticinesi che non chiedono la provenienza dei soldi. Un connubio ‘perfetto’.
Ticino, la meta perfetta per i capitali italiani
Questo flusso di fondi privati italiani verso il Ticino era dovuto anche alla vicinanza geografica e culturale (il fatto che si parlasse italiano ha facilitato il loro arrivo in Ticino) ma anche grazie alle garanzie legislativo-istituzionali svizzere e alla stabilità economica della Confederazione.
In un breve lasso di tempo la piazza finanziaria ticinese ha potuto contare sull’arrivo di ingenti somme di denaro e da allora è caratterizzata da un ‘monoservizio’ (private banking) e orientata a una determinata clientela geograficamente delimitata.
Riccardo Franciolli