Nonostante le sfide climatiche e la concorrenza spagnola, l’olio italiano continua a essere il preferito dai consumatori e dalle consumatrici svizzere. Il calo di un terzo della produzione di quest’anno non preoccupa le associazioni di categoria e i principali produttori, che rassicurano sul futuro del settore puntando sulla qualità e sulla sostenibilità della produzione.
Maurizio Arseni
Negli ultimi vent’anni, l’olio d’oliva si è affermato come condimento essenziale nelle cucine svizzere. Le importazioni sono più che raddoppiate in un ventennio, passando da circa 7 milioni di tonnellate nel 2000 a oltre 15 l’anno scorso. Che si tratti di insalate o zuppe, spesso vengono esaltati con un filo di extra vergine. Il consumo pro-capite è intorno ai due litri all’anno, ancora lontano dai dodici della Grecia e dagli otto dell’Italia ma l’interesse e le vendite sono in crescita, soprattutto per l’olio tricolore.
Quest’anno la raccolta è stata però particolarmente difficile e i primi dati forniti dai frantoi confermano le previsioni pessimistiche di settembre di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) che stimava un calo della produzione del 32% rispetto all’anno precedente.
La siccità prolungata e le temperature elevate hanno infatti danneggiato la fioritura e l’allegagione, il periodo chiave in cui i fiori dell’ulivo si trasformano in olive. Inoltre, quasi sempre dopo un’annata positiva come quella passata, ne segue una di scarico in cui gli alberi producono di meno.