
A venti mesi dall’introduzione dell’accordo sull’imposizione dei frontalieri, nonostante vi siano ancora numerosi punti da risolvere, il nuovo Accordo ha chiarito alcuni aspetti fondamentali che quello vecchio del 1974 aveva lasciato in sospeso.
Riccardo Franciolli
La nuova normativa, che segna un cambiamento significativo per la categoria dei frontalieri, solleva una serie di interrogativi: dai nuovi comuni entro i 20 km di distanza al tema dell’assegno unico, dal telelavoro alla tassa sulla salute. Per fare il punto sulla situazione, il Coordinamento Territoriale UIL del Lario, insieme a Uil Frontalieri e Caf UIL Lombardia, ha convocato un incontro stampa presso la sede di Como, con la partecipazione del Coordinatore Territoriale UIL Lario, Dario Esposito, del segretario generale nazionale Uil FrontalieriCollegamento esterno, Raimondo Pancrazio, e del Presidente del CAF Uil Lombardia, Luca Gaffuri.
Quello che per ora è chiaro del nuovo accordo
Il vecchio accordo del 1974, che regolava i rapporti tra Italia e Svizzera in materia di frontalieri, presentava alcune lacune significative, tra cui l’assenza di una definizione precisa del termine “frontaliero” e l’indicazione specifica dei comuni da considerarsi parte della zona di frontiera.
+ Parte prima. Frontalieri, ancora tanti interrogativi a 20 mesi dall’Accordo fiscale
“In quasi cinquant’anni di applicazione – spiega Raimondo Pancrazio, segretario generale di Uil Frontalieri – alcuni concetti sono stati adottati per consuetudine, ma mai formalmente regolamentati”. Un esempio lampante riguarda la questione dei comuni di frontiera: pur essendo prassi riconosciuta che i comuni situati entro un raggio di 20 chilometri dal confine tra Italia e Svizzera siano considerati tali, questa norma non è mai stata codificata in modo ufficiale. Di conseguenza, numerosi comuni che si trovano in questa fascia territoriale non sono stati mai inclusi nella lista dei “comuni di frontiera”, nonostante la loro posizione geografica. Creando ancora oggi degli screzi tra Italia e Canton Ticino.
Qui, in questo dossier, le varie conseguenze del nuovo Accordo:

Nel contesto attuale, il Canton Ticino ha scelto di non riconoscere ufficialmente alcuni comuni italiani, soprattutto nelle province di Monza e della Brianza e Sondrio, come ‘comuni di frontiera’, nonostante la loro vicinanza al confine. Questa discrepanza ha continuato a generare tensioni tra Italia e Svizzera. Di fronte a tale situazione, l’Italia ha deciso di risolvere autonomamente la questione, chiarendo a livello nazionale quali comuni dovessero essere considerati parte della zona di frontiera, al fine di evitare ulteriori fraintendimenti e problematiche a livello fiscale.
“In quasi cinquant’anni di applicazione del vecchio accordo alcuni concetti sono stati adottati per consuetudine, ma mai formalmente regolamentati”Raimondo Pancrazio, segretario generale di Uil Frontalieri
Un altro tema di rilevante importanza è il telelavoro, la cui necessità tra i frontalieri è aumentata in modo esponenziale durante la pandemia. Se prima dell’emergenza sanitaria questo aspetto era meno sentito, l’evoluzione del contesto ha portato Italia e Svizzera a trovare un accordo per regolamentare il lavoro a distanza, dando una risposta alle nuove esigenze dei lavoratori transfrontalieri.
Esaminiamo i punti che il nuovo accordo ha finalmente chiarito in modo definitivo.
Definizione di frontaliere
Il nuovo accordo fiscale ha finalmente fornito una definizione precisa del lavoratore e della lavoratrice frontaliera. Si tratta di chi risiede in uno Stato e lavora come dipendente nell’area di frontiera di un altro Stato con cui confina, sia parzialmente che totalmente, entro una distanza di 20 km dal confine. È inoltre essenziale che, per essere considerato frontaliere, il lavoratore ritorni quotidianamente al proprio domicilio principale nel Paese di residenza. Questo aspetto è di fondamentale importanza ai fini fiscali italiani: i frontalieri che rientrano ogni giorno in Italia possono beneficiare di una franchigia di 10’000 euro da detrarre dalla dichiarazione dei redditi. Se il rientro quotidiano non avviene, si perde il diritto a questa agevolazione.
L’accordo definisce inoltre l’area geografica di frontiera per la Svizzera, che comprende i Cantoni Grigioni, Ticino e Vallese e, per l’Italia, le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e la Provincia Autonoma di Bolzano.
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Questo contenuto è stato pubblicato al10 nov 2023 Si potrà svolgere da casa fino a un massimo del 25% dell’attività lavorativa senza conseguenze fiscali né sullo status di frontaliere.Di più Telelavoro dei frontalieri, accordo tra Berna e Roma
Telelavoro, una nuova opportunità per i frontalieri
Un altro punto cruciale trattato nell’accordo riguarda il telelavoro. A partire dal primo gennaio 2024, i frontalieri possono svolgere il proprio lavoro in modalità telelavoro fino al 25% del tempo totale, senza che ciò comporti modifiche al loro status di lavoratore frontaliero né alle implicazioni fiscali. Questa novità offre una maggiore flessibilità, garantendo al contempo la stabilità del trattamento fiscale. L’Italia ha deciso di non aumentare la percentuale di telelavoro al 40%, come invece previsto nell’accordo tra Svizzera e Francia. Secondo i sindacati, questa scelta riflette una posizione di principio del Governo italiano, storicamente contrario a un’espansione del telelavoro per i frontalieri.
Il trattamento dei lavoratori nei comuni non riconosciuti dal Ticino
Infine, l’accordo ha chiarito anche la situazione dei lavoratori residenti in comuni non riconosciuti dal Canton Ticino come comuni di frontiera. Per questi lavoratori, l’Italia ha assicurato un trattamento fiscale equivalente a quello dei vecchi frontalieri. In pratica, durante la dichiarazione dei redditi, avranno la possibilità di esercitare il cosiddetto “diritto d’opzione”, pagando solo il 25% delle tasse già versate in Svizzera. Questo garantisce che il trattamento fiscale per questi lavoratori sia allineato a quello dei vecchi frontalieri. Si tratta ormai di un principio acquisito.
Verso il futuro, l’accordo fiscale frena davvero l’arrivo di nuovi frontalieri?
Le condizioni meno favorevoli previste per i nuovi frontalieri, sembrano suggerire che il frontalierato in Ticino stia perdendo di attrattività. Ma è davvero così?
“La leggera flessione dei frontalieri in Ticino è da attribuire a un contesto economico più ampio, che non ha nulla a che fare con l’accordo fiscale”Raimondo Pancrazio, segretario generale di Uil Frontalieri
Ancora Raimondo Pancrazio: “Abbiamo condotto una piccola verifica empirica, analizzando i dati degli anni 2022, 2023 e 2024. Al 31 dicembre 2022, i frontalieri italiani in Svizzera erano circa 90’000. A luglio 2023 il numero è salito a 92’600, per scendere a 91’000 a dicembre 2024. Sebbene si possa osservare una leggera flessione, i numeri mostrano chiaramente che i lavoratori frontalieri non sono diminuiti in modo significativo. In effetti, nel luglio 2023 si è registrato un picco di assunzioni in Ticino, proprio per cercare di ottenere all’ultimo momento ancora lo status di ‘vecchio frontaliere’. Ma si tratta di un’alterazione temporanea della norma”.
Inoltre, se davvero i frontalieri stessero diminuendo, come si spiega l’aumento di lavoratori italiani nel Canton Vallese e nel Canton Grigioni? I numeri sono chiari: questi Cantoni hanno visto un incremento, mentre il Ticino, diversamente da altri Cantoni svizzeri, ha registrato un rallentamento economico. “La leggera flessione dei frontalieri in Ticino – prosegue Pancrazio – è quindi da attribuire a un contesto economico più ampio, che non ha nulla a che fare con l’accordo fiscale”.
I frontalieri come “carburante” per l’economia svizzera
“Per la Svizzera, i frontalieri italiani – afferma il sindacalista – rappresentano un vero e proprio ‘esercito di riserva’. Quando l’economia cresce, ne vengono assunti di nuovi , quando l’economia è in recessione, vengono licenziati”.
“Per la Svizzera, i frontalieri rappresentano un vero e proprio ‘esercito di riserva’: quando l’economia cresce, vengono assunti, quando l’economia è in recessione vengono licenziati”Raimondo Pancrazio, segretario generale di Uil Frontalieri
Nonostante le nuove regole fiscali impongano ai nuovi frontalieri di pagare le imposte in Italia, notoriamente più alte rispetto a quelle svizzere, il differenziale salariale, enorme, rimane un forte incentivo: “Un infermiere a Como guadagna circa 1’500 euro al mese, mentre in Ticino il salario supera i 5’000 euro. Non c’è confronto”, sottolinea Pancrazio.
“Affermare che l’accordo fiscale abbia frenato l’arrivo di frontalieri è una favola. I lavoratori italiani sono fondamentali per l’economia svizzera”, aggiunge il sindacalista con determinazione.
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