Guardiamoci le spalle

Che succede? Tanti mi pongono la domanda, sentono galoppare un altro shock globale. Viviamo tempi straordinari, alcuni punti sono chiari: l’economia dell’Unione è ferma, non ha slancio (è una questione che riguarda lo spirito europeo, è privo di energia, fiaccato da decenni di sinistrismo culturale), la domanda interna è debole, le famiglie sentono l’incertezza, non a caso aumenta il risparmio. L’Italia ha reagito meglio di altri, ma la produzione industriale è trascinata giù dalla crisi dell’auto, dal profondo rosso figlio degli errori dell’Unione green (e al verde di idee).

Mario Draghi ieri sul Financial Times ha scritto che la giungla di regole del mercato interno europeo fa più male dei dazi di Trump… sembrava di sentire il discorso di JD Vance a Monaco. Il problema non è Trump, è l’Europa guidata dall’asse franco-tedesco. Mappa del meteo: a Washington abbiamo il ciclone Maga, sopra il cielo di Berlino c’è l’uragano Afd (si vota il 23 febbraio), l’eredità del mediocre cancelliere Scholz è il «malato d’Europa». L’Italia deve affrontare una sfida esistenziale, siamo un paese trasformatore e esportatore, abbiamo un surplus commerciale di oltre 43 miliardi di dollari con gli Stati Uniti, sono il nostro mercato di riferimento, insieme alla Germania.

Che fare? Quello che ha fatto Giorgia Meloni finora, dialogare con la Casa Bianca, non partecipare al ballo dell’isteria brussellese, non irritare la presidenza americana con comportamenti infantili (che già si sono visti a Parigi e a Monaco contro Vance, un boomerang) , ma soprattutto non fidarsi mai di Parigi e Berlino. Francesi e tedeschi non esiteranno un solo istante a mettersi d’accordo con Trump su partite vitali che riguardano la loro economia. Alla prima occasione, ci colpiranno alle spalle.

Mario Sechi

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