Recensione di Gabriele Missaglia
➡️ Il lamento di Portnoy non sorprende per struttura: è un monologo che si inerpica attraverso la vita del protagonista, coprendo un arco di tempo che comincia dall’infanzia e finisce con l’età adulta. Lo psichiatra è un espediente per parlare di sè.
✒️ Per mio personalissimo gusto, il lamento di Portnoy non è nemmeno sorprendente dal punto di vista stilistico. Si tratta di una scrittura con poco tramonto e molta notte: cosa in comune a tanti americani, tipo Fante o Buko. Il racconto della grandeur dell’uomo è violentato con formule dure, pur senza essere volgari: a questo preferisco una narrativa tipo Pennac o Benni che fa lo stesso, ma con uno spirito bonario che si riconosce nella fallibilità dell’uomo. Ne risalta lo spirito giocoso.
Ciò che sorprende di questo libro però è l’analisi tagliente che non risparmia niente o nessuno: il complesso di Edipo, la fragilità di una personalità viene esposta al peso della vergogna già da bambino, il desiderio di scaricare un simile fardello in una serie di incontri destinati a rimanere avventure di una notte, la complessità di uno spirito che pur commettendo tanti errori riesce a far risplendere la parte luminosa di sè attraverso un’occupazione incentrata sull’aiutare il prossimo.
Insomma si tratta di un libro che indirizza il lettore a leggere la complessità fuoriuscendo dallo schema binario, giusto sbagliato, vergogna dignità, bene e male: perchè in molti frangenti riesce a raccontare attraverso episodi individuali ombre che ci accomunano tutti. È come se prendendone distanza, le abbracciassero. In questo credo, gli americani (sto leggendo Fante e anche lui fa lo stesso) riescono bene: non hanno paura di puntare il dito all’elefante rosa che giace nella stanza. E se quello che cercate nella lettura è uno spirito critico a trecento sessanta gradi, beh allora questo libro fa per voi.
???? P.S. In questo periodo ho fatto filotto di autori americani. Ne conoscete alcuni? Quali sono i vostri preferiti?
Gabriele Missaglia