Da inizio estate in Italia diverse aziende controllate da fondi esteri hanno chiuso e licenziato scatenando un’ondata di scioperi, proteste e manifestazioni di solidarietà. Viaggio in Lombardia dove nel giro di pochi giorni hanno chiuso i battenti due storiche industrie ancorate al territorio, ma controllate da una casa madre in Germania.
Qui a Lomazzo, la Henkel è sempre stata considerata come una mamma. Una mamma che però ora ci ha tradito nel peggiore dei modi. Per questo la ferita è ancora più forte”. Per vent’anni, Maurizio Gragnaniello ha lavorato come esperto nello stabilimento comasco della Henkel, una multinazionale di Düsseldorf che produce detergenti per il bucato e per le stoviglie. Un lavoro buono, considerato sicuro: “Era come essere un funzionario pubblico, tanto che bastava mostrare la busta-paga della Henkel per ottenere un mutuo senza problemi”. Una situazione che si è improvvisamente interrotta lo scorso 11 febbraio quando la proprietà tedesca ha annunciato la chiusura della fabbrica, gettando nello sconforto circa 160 lavoratori, tra dipendenti diretti e impiegati nell’indotto. Maurizio Gragnaniello ha pianto per alcuni giorni: “Non ci volevo credere, la fabbrica era una sorta di grande famiglia e per noi lavoratori è stata una doccia fredda. Durante la pandemia abbiamo prodotto come non mai e non ci aspettavamo certo una decisione come questa”.
Federico Franchini