Salumi, formaggi e persino bibite. Le mille strade per diventare “tipici”

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Una babele di sigle. E la Dop economy ha generato affari per 2 miliardi

Arancia amara del Garda. Cappero del Garda. Cedro del Garda. Limone del Garda. Né formaggi, né salumi, come sarebbe lecito aspettarsi a queste latitudini. A leggere l’aggiornamento del 16 dicembre 2021 pubblicato da Regione Lombardia – la diciassettesima revisione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali – c’è da essere sorpresi. Sono loro, insieme al Casoncello di Pontoglio (Brescia) – pasta fresca ripiena già contesa tra la Bergamasca e il Bresciano – e al Toc – polenta con burro e formaggio d’Alpe made in Bellagio (Como) – le novità del sempre più lungo elenco che può avvalersi dell’etichetta di “Prodotto agroalimentare inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali di Regione Lombardia” (noti come Pat): 268 in tutto. Le regole sono chiare, ma anche semplici: per ottenere la Pat bastano “metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate nel tempo (minimo 25 anni)” – si legge nella delibera regionale – e “metodiche praticate in modo omogeneo e secondo regole tradizionali”. È così che, ad esempio, anche una bibita gasata come l’aranciata può entrare di diritto tra i prodotti agroalimentare tipici della provincia di Bergamo, come il taleggio. O che un salame sia tipico di tutta una regione, nessuna provincia esclusa, che presenta caratteristiche geografiche e climatiche differenti: dalle zone montuose della Valtellina fino alla Bassa.

D’altronde essere tipici rende. Lo certifica anche il XIX Rapporto Ismea-Qualivita 2021 sulla Dop economy italiana: un giro d’affari che anche nell’anno del Covid (dati 2020) ha raggiunto i 16,6 miliardi di euro sul territorio nazionale.

In Lombardia si contano 75 prodotti Dop (prodotti integralmente ottenuti e confezionati nel territorio d’origine dichiarato) e Igp (bastano alcune fasi produttive nel territorio di riferimento), etichette che rubano sempre di più l’occhio dei consumatori. In Lombardia il giro d’affari dei Dop Igp vale poco più di 2 miliardi di euro (-6% nel 2020 rispetto al 2019) grazie al lavoro di 9.598 operatori. Le prime province per impatto economico sono Brescia (697 milioni) e Mantova (456) seguite da Sondrio (247), Cremona (239) e Pavia (169).https://863af41c2b3d0eba3427438a558ef2f5.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html?n=0

Il comparto cibo conta 34 filiere, per un valore alla produzione di 1.643 milioni di euro nel 2020 (-7,2% rispetto al 2019), seconda regione per giro d’affari nel mercato nazionale. Sono il Grana Padano Dop, seguito dalla Bresaola della Valtellina Igp, dal Parmigiano Reggiano Dop e dal Gorgonzola Dop a trainare il settore. Nell’altro grande comparto, il vino, sono attive 41 filiere, che nell’anno del Covid hanno generato un valore alla produzione di 430 milioni di euro (-1,3% rispetto al 2019), nono posto assoluto in Italia. Le denominazioni con il maggiore ritorno economico in Lombardia sono il Franciacorta Dop e il Lugana Dop, seguite da Provincia di Pavia Igp, Garda Dop e Bonarda dell’Oltrepò Pavese Dop.

Auguriamoci che molti produttori della Valle Intelvi si diano da fare e creino prodotti tipici, abbiamo già il miele i mirtilli, a quando i formaggi, la bresaola, il salame, e perchè no, i dolci e il vino????


 

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